di Luca Rolandi - Pier Giorgio Frassati, il ragazzo che amava portare i suoi amici in montagna per spingere il loro sguardo “verso l’Alto”, giovane figlio di Adelaide Ametis e Alfredo Frassati, era un ragazzo fortunato, cresciuto tra l’aria delle colline del Biellese a Pollone e la Crocetta a Torino. Era impegnato nel movimento cattolico, quel giovane che Giovanni Paolo II beatificò il 20 maggio 1990, chiamandolo «l’uomo delle otto Beatitudini».
Frassati fu un «meraviglioso modello di vita cristiana», perché visse la sua giovinezza «tutta immersa nel mistero di Dio e dedita al costante servizio del prossimo», affermò il Papa quel giorno. Per Pier Giorgio il peso del padre era forte. Alfredo Frassati dirigeva e ne era proprietario, fino all’avvento del fascismo, il quotidiano più importante della città, La Stampa. Più tardi sarebbe diventato ambasciatore e autorevole esponente del mondo liberale sabaudo: allontanato da Torino dal nascente regime, portò la famiglia a respirare altre culture e ambienti a Berlino negli anni complessi della Repubblica di Weimar. Dentro le dinamiche e articolazioni dell’Italia liberale tra contraddizioni, povertà e impetuoso sviluppo industriale, anticipava e completava quella visione cristiana della carità avviata nel secolo precedente dai santi sociali torinesi, a modo suo, da giovane e senza poter immaginare ciò che avrebbe rappresentato il suo esempio.
La Torino degli anni Venti
Nella Torino di Antonio Gramsci e Piero Gobetti, il giovane Frassati manifestava la concretezza di un attivismo cristiano non alieno dalla contemplazione ma dentro le contraddizioni e i bisogni della storia nell’Azione cattolica e in tante forme di volontariato, carità, spiritualità intensa e consapevole. Da giovanissimo si iscrisse con grandi speranze al nuovo Partito popolare di don Luigi Sturzo. Semplice militante, fece parte della componente più rigidamente antifascista. Nell’autunno del 1923 si dimetteva dal circolo fucino per protesta perché il circolo Cesare Balbo aveva esposto il tricolore per la visita di Benito Mussolini a Torino. Pier Giorgio non tollerava che i cattolici rendessero omaggio al mandante dell’assassinio di don Giovanni Minzoni, di Giacomo Matteotti e al nemico della libertà e della democrazia.
Fiero antifascista, tra politica azione e contemplazione
Nel Ppi condivise gli orientamenti più progressisti e socialmente aperti fino ad auspicare, con quarant’anni di anticipo, l’alleanza tra popolari e socialisti in chiave antifascista. Nel 1922, anno della marcia fascista su Roma, anche il senatore Alfredo propose la coalizione popolari-socialisti come diga alle “camicie nere”. La fermissima opposizione nasceva da una convinta sensibilità per la costruzione di una via democratica per il futuro del Paese. Antifascista per ispirazione religiosa, Pier Giorgio Frassati collaborava a riviste di riflessione come il Pensiero popolare, organo della sinistra Ppi, ed era promotore e diffusore del quotidiano cattolico Il Momen- to, con una certa insofferenza del padre Alfredo.
A difesa della bandiera della Gioventù cattolica
Fu tra i promotori dell’agitazione per la riforma universitaria, che parte da Torino e si diffonde in Italia. Caldeggiò le proteste contro la riforma di Giovanni Gentile e aderì all’alleanza universitaria antifascista. Lottava con coraggio e umiltà contro il dispotismo mussoliniano con sprezzo del pericolo e, nel settembre 1921, al congresso nazionale a Roma per il 50° della Gioventù cattolica, difese la bandiera del circolo contro l’aggressione di camicie nere. Partecipò come delegato al drammatico congresso del Ppi di Torino del 1923, dove si consumò la spaccatura tra coloro che volevano l’accordo con Mussolini e quelli, come lui, che si opponevano.
La sua opposizione si manifestava anche nelle lettere: il fascismo esercita la violenza e il popolo è oppresso. Dopo il delitto Matteotti parlava di «cose mostruose, che capitano in Italia. Si vive agitati non sapendo a che cosa si andrà incontro. Solo la fede ci dà la possibilità di vivere». In Appunti per un discorso sulla carità descrive le rovine materiali e morali della guerra e auspica la rigenerazione della società «affinché possa spuntare un’alba radiosa, in cui tutte le nazioni riconosceranno per loro Re Gesù Cristo». Al trionfo del fascismo se la prese contro «questi girelli, che quotidianamente si vendono al fascismo, come ha fatto Il Momento», il quotidiano cattolico diventato filo-fascista.
Gli “ultimi” lo salutarono
Alla sua morte, causata da una poliomielite fulminante, il 4 luglio 1925, nel giorno dei suoi funerali, nella chiesa della Beata Vergine delle Grazie nel quartiere nobile della Crocetta, una folla immensa di persone povere, umili, gli ultimi tra gli ultimi lo salutava e lo ringraziava. Per la sua autenticità e bellezza Pier Giorgio Frassati è universalmente considerato uno dei “santi sociali” torinesi e dei giovani di tutto il mondo, presente nelle giornate mondiali della Gioventù da sempre. Nella sua famiglia, in particolare la sorella Luciana Frassati ha dedicato la sua centenaria vita nel ricostruire le virtù umane e spirituali del fratello, che è modello di santità e vive nella pace di Dio padre.
*Politica, azione e contemplazione è stato pubblicato nel numero 3 di Segno nel mondo, in distribuzione con Avvenire